Reinventarsi autore di se stesso e quindi poeta, universalmente orientato alla comunicazione nella sua forma più austera e irrevocabile, è mestiere di colui che ha sentito dentro di sé l’incontenibile chiamata all’arte e alla sua forma più elevata d’emissione.
Non più, quindi, poeti d’espressione o di mera infatuazione momentanea, ma fieri rappresentanti, portavoce di quella interiorità che non appartiene più ai formulari regolarizzati della scrittura, ma attinge direttamente a una suprema e imprescindibile ispirazione.
Per questo la poetica di Carmen Zoppi e di Erminio Zanenga è lirica solida, incorruttibile dagli eventi, perché generata da un intento di respiro magnanimo e ampio, che ovunque e in ogni suo proponimento palesa una volontà superiore di trasmettere e invoca a una necessità spirituale imperativa e decisa.
Fondamentale ricercare anche nella metrica del verso e nella sua non di rado disidratata, quasi sclerotizzata, irrigidita impalcatura brachilogica, quasi un totem sulla carta bianca, questo voler immolare e rimandare all’assoluto, quel che le parole nel loro indurito e convenzionale tratto più non riescono.
In un attimo tutto si compie nel mistico e insondabile svolgersi di una vicenda, che dall’interno si misura col tempo, poi con la parola, infine con l’espressione e la metrica, culminando nel più profondo e fondamentale messaggio di vita.
La lirica e l’etica di due poeti molteplici e vitali, che dall’eterno delle cose attingono all’eterno di un carme senza memoria, unica vera nota nella sinfonia dell’esistere.

L'editore